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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Riccardo Gasperina Geroni, Il custode della soglia. Il sacro e le forme nell’opera di Carlo Levi

[ Mimesis, Milano-Udine 2018 ]

Per decenni Carlo Levi è stato considerato auctor unius libri, il celeberrimo Cristo si è fermato a Eboli. Ma l’avventura antropologica e la riflessione sull’altro come specchio del sé non sono solo tipiche del suo volume più apprezzato: sono invece chiavi per entrare nella complessità della sua intera produzione. Questo l’assunto fondamentale del saggio di Riccardo Gasperina Geroni, Il custode della soglia. Il sacro e le forme nell’opera di Carlo Levi, che nell’introduzione si propone di interpretare l’opera di Levi attraverso la «doppia lente di ingrandimento di due discipline a lui congeniali: l’antropologia e la psicanalisi» (p. 18). Lo studio si inserisce nel più ampio dibattito che ha visto negli ultimi anni investigare lo scrittore, artista e politico torinese da molteplici prospettive, dal rapporto incessante con l’arte figurativa alla ricerca biografica, recuperandone l’intero tragitto intellettuale e poetico, e inserendo il Cristo in una storia ben più ampia e internazionale, che va dalle assidue frequentazioni di Levi con Gobetti alla militanza antifascista, fino all’esilio in Francia – esperienza complementare del confino in Lucania. Tale ricerca ha portato al recupero e alla contestualizzazione di altre fondamentali opere di Levi, il saggio Paura della libertà (1946) e il romanzo L’orologio (1950), non solo come stazioni di uno degli iter creativi più originali degli anni Quaranta in Italia, ma anche come opere dotate di piena autonomia estetica e storica. Il custode della soglia si situa nella scia della rivalutazione di un’opera, quella di Levi, che per esplicita intenzione dell’autore travalica l’indagine letteraria, ma che proprio nella sua forte letterarietà trova ragione d’essere e afflato critico. Del saggio in questione convincente non è solo l’accuratezza filologica, che evita facili reificazioni della figura di Levi, ma soprattutto la prospettiva ermeneutica. Gasperina Geroni legge i libri dello scrittore torinese come momenti cardine della sua storia intellettuale, inscindibili dalla loro proposta politica come anche dal dialogo che instaurano con la più avanzata ricerca a lui contemporanea, come il dibattito sul sacro in Francia, dentro e fuori il Collège de Sociologie, da Bataille a Caillois ad Alain, e i grandi autori tedeschi, da Spengler fino a marxisti eretici come Benjamin (da cui il titolo del libro prende appunto spunto). Senza dimenticare la presenza costante di Vico che, non solo in Paura della Libertà e L’orologio, viene attualizzato da Levi come vero antagonista spirituale dell’ideologismo progressivista del proprio tempo. Nei libri di Levi la filosofia di Vico e il motivo del pensatore napoletano che Roberto Esposito ha sintetizzato come «la potenza dell’origine» acquisiscono forme proprie e rilevanza letteraria. Levi trova in Vico la confutazione dell’idealismo di Croce (e meno esplicitamente dell’idealismo fascista), ma è anche risorsa speculativa e repertorio formale contro un certo marxismo appiattito sull’idea di progresso.

Il dato non è per niente secondario nell’accedere a un’opera politica come L’orologio. Il romanzo è stato vagliato per le sue qualità estetiche ed è entrato nelle discussioni in merito alla sua capacità di essere altro nella coeva produzione letteraria solo di recente, mentre è da anni dibattuto – e letto – dagli storici dell’Italia moderna come documento fondamentale di un’epoca specifica, la transizione verso il post-fascismo.

Gasperina Geroni sviluppa la sua analisi attraverso quattro capitoli che ruotano attorno alle opere che a ragione ritiene più significative di Levi: oltre alle tre citate, il meno conosciuto ma affascinante Quaderno a cancelli, allo stesso tempo testimonianza e testamento di un’ultima fase intellettuale dello scrittore, in cui il bilancio esistenziale è influenzato dalle più innovative espressioni letterarie degli anni Sessanta-Settanta. Lo studio si conclude così con un’altra suggestiva apertura sull’opera di Levi, in cui la sua critica al progresso si complica con la percezione dell’incipiente immunizzazione della vita nelle nostre società, aspetto speculativo oggi vitalissimo, che avvicina tali intuizioni agli studi recenti del già citato Esposito.

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